di Lorenzo Gualandi

“Can we just say that you believe in something and I don’t?”

Sono queste le parole con cui Phoebe si rivolge a Ross, in una puntata (2×03) della celebre sitcom statunitense Friends.
I due amici discutono per tutto l’episodio sulla valenza scientifica della teoria dell’evoluzione (!) – la trovate riassunta qui – con Ross (paleontologo) che non accetta che le teorie diffidenti di Phoebe possano minarne la validità scientifica.
Quando Ross, in conclusione di episodio, lascia uno spiraglio di confutazione all’amica, lei stessa gli dice che prima, almeno, non era d’accordo con lui ma rispettava la sua posizione.
Ora, invece, aveva tradito il proprio sistema di valori, e non si figurava come potesse ancora guardarsi allo specchio, o andare al lavoro.

Ogni anno, nelle celebrazioni del 25 aprile, ogni autorità pubblica è chiamata alla presa di coscienza e responsabilità di quello che il 25 aprile rappresenta.
Liberazione da che cosa?
Lo si può – anzi: si deve – dire con chiarezza, per non lasciare che qualcuno possa prendersi il diritto di negare la storia – e questa è una delle basi, delle condizionalità (come ci piace tanto dire ultimamente) per approcciarsi a questo discorso comunque così complicato.
“Evolution is not for you to buy”, non siamo in una televendita, o nel mercato libero, non c’è costo o efficienza: ci sono i fatti, e le pesanti conseguenze – sociali, politiche, economiche – che si portano
dietro, con profonda importanza e immutato valore.
“Celebrare il giorno della Liberazione non dev’essere un semplice lavaggio delle coscienze”, diceva il nostro Sindaco, Dario Mantovani, nel 2018.
Il dibattito, come sempre, è rovente: Sallusti provoca, i partigiani rispondono, i leghisti si ridipingono (ac)catolici abbaiando per la riapertura delle chiese, mentre Casapound è costretta a marciare sul posto, nella tristezza delle loro camerette.

Va ricordato a tutti che la tenuta democratica del nostro Paese non è svendibile, non è fragile e malmessa – probabilmente imperfetta – e nemmeno disposta a farsi smantellare da rigurgiti modaioli ed estemporanei; però, allo stesso tempo, la democrazia è un bene da curare, che fiorisce nei nostri cuori, nelle nostre speranze, nella nostra capacità di non voltarci dall’altra parte.
Il 25 aprile, in una complessa mescolanza di doveri e diritti, è il sangue degli eroi del passato che fluisce nelle vene di chi, oggi, porta con orgoglio il vessillo dello stato democratico.
E’ essenziale che ciascuno di noi abbia consapevolezza di quello che può fare, in che modi e tempi, senza lasciarsi affascinare da controcanti autoritaristi, che impongono l’eliminazione del debole con l’unico scopo di sviluppare una società più facilmente controllabile, più omogenea e rigida.
E’ disarmante come le differenze ci spaventino più delle diseguaglianze, vera sfida di questa Italia spaccata, ma non spacciata.
Tecnologia, istruzione, consapevolezza, coscienza civica, occupazione: sono solo alcune delle parole su cui va rimodulato il nostro concetto di libertà, diretto discendente di quella liberazione pagata a così caro prezzo.

Il 25 aprile non è la bandiera che la politica sventola un giorno ogni 365, ma è la politica a declinarsi sui valori che il 25 aprile riflette in maniera così potente e immutabile nel tempo.
Allora sì, saremo pronti a ripensare il modo in cui vediamo il mondo e le sue sfide, l’economia e le sue ricette, l’istruzione e i suoi progressi, il lavoro e i nuovi diritti, la salute e la sua accessibilità.
Ma la piattaforma da cui decolliamo verso le sfide del futuro, non può essere che quella costituita da un sistema democratico, di doveri e libertà, in cui nessuno deve sentirsi escluso o incapace di parteciparvi.
Da qui non arretriamo.

25 Aprile is not for you to buy