Care democratiche, cari democratici,

prendo carta e penna, in questi assolati giorni di agosto, per condividere qualche riflessione non tanto sull’andamento delle questioni locali, che sono diventate per tutti noi ancora più centrali dopo la vittoria delle elezioni amministrative del giugno 2014 (e di questioni locali potete leggere sul nostro giornale bimestrale “Molinella a Confronto” con cadenza assai regolare), ma per scrivere di questioni ancor più rilevanti, riguardanti la sfera e il dibattito nazionali.

Penso sia a tutti nota la situazione difficoltosa in cui il Segretario del PD e Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha preso la guida politica e amministrativa del sistema Paese, più di un anno fa. Non credo sia necessario un ripasso dei ritardi che l’Italia ha accumulato negli ultimi 20 anni rispetto agli altri paesi europei e più in generale rispetto agli altri paesi che si collocano in un sistema di valori occidentale.

Ritardi dovuti all’incapacità dei vari governi che si sono succeduti al guida del paese, senza la forza (e forse senza la volontà) di attuare un serio progetto di riforme, per colmare la distanza che ci separa da Germania, Francia, Inghilterra (ma la lista potrebbe essere più lunga).

Ci piacerebbe imputare questi ritardi sempre ad altri, vuoi alle difficili condizioni politiche che si sono susseguite nel nostro Paese, vuoi alla durezza degli avversari, vuoi a Berlusconi: penso sia necessario affermare senza alcuna reticenza che una parte di colpe sia anche del centrosinistra, che negli ultimi 20 anni di certo ha condiviso responsabilità di governo alternando risultati di pregio a risultati catastrofici. E più in generale, la principale responsabilità delle nostre passate esperienze è stata quella di far passare il concetto che il centrosinistra per eterogeneità e disordine, non riuscisse a mettere in campo una linea coerente di governo. Erano i tempi dell’Ulivo, i tempi dell’Unione. Tempi, a mio modo di vedere, superati e da non rimpiangere in nessun modo.

Veniamo all’attualità: per la prima volta dopo molti anni abbiamo un Governo che mette al centro della sua azione una politica di riforme. Riforme spesso dibattute da molti anni e mai attuate per incapacità e conservatorismo. Riforme che colmano la distanza tra noi e il resto dell’Europa.

Attenzione, non facciamoci ingannare da un effetto ottico: le riforme sono spesso divisive, perché attuano dei cambiamenti nelle prassi consolidate, limitano i privilegi, cambiano delle abitudini e tendono inesorabilmente a ridurre il potere di veto che le tante corporazioni che ancora in Italia vivono e prosperano sono abituate quotidianamente ad applicare. Non si fanno riforme tra scroscianti applausi: le si fanno per gli irrimandabili bisogni del Paese.

In questo contesto, talvolta grave, il nostro Partito si è fatto carico di questo compito storico, e va quanto più sostenuto.

Spiace sentire i fatti di cronaca che collegano uomini del Partito Democratico a inchieste come quelle di “Mafia Capitale”. Spiace perché l’infamia di pochi colpisce il buon nome di molti. Spiace perché sono incrostazioni vecchie di decenni, e colpisce che nessuno si sia fatto mai carico di eliminare malcostumi assai diffusi e criminali, presenti anche nel nostro Partito.

Così come spiace che, in questa fase di grande transizione, una parte del PD nazionale, una parte certamente residuale ma estremamente attiva sulla stampa e sui canali di comunicazione, meglio nota agli onori della cronaca come un settore della “minoranza PD”, lavori continuativamente contro il Governo, contro le Riforme, contro il Segretario del Partito Matteo Renzi e abbia come obiettivo più o meno dichiarato quello di distruggere il Partito Democratico.

In questo Partito c’è, e ci deve essere, una dialettica interna che permetta a tutti di portare un contributo nell’ottica della risoluzione dei problemi, numerosi quanto attuali, non di bloccarne continuativamente le possibili soluzioni, in maniera del tutto pretestuosa.

Questi comportamenti non sono degni né dell’attualità di un partito riformista, né della storia e delle tradizioni da cui ciascuno di noi, con la propria individualità, proviene.

A tal fine, e per indurre un ulteriore momento di riflessione, allego a questa lettera la missiva che Sergio Staino ha inviato pubblicamente a Gianni Cuperlo nei giorni scorsi, pubblicata sull’Unità.
Allego inoltre un contributo che un grande uomo politico, nonché Presidente della Repubblica emerito, Giorgio Napolitano, ha inviato ad alcuni organi di stampa sulla necessità di portare a termine il percorso delle riforme costituzionali.

Vi saluto tutti, con affetto e stima,

Il Segretario del Pd Molinella
Dario Mantovani

 

Leggi la missiva di Sergio Staino

Leggi la lettera del Presidente della Repubblica emerito, Giorgio Napolitano