Il Governo Draghi è, anche se i necessari passaggi formali ancora non ci sono stati, nelle cose e gli accadimenti recenti sicuramente necessitano di analisi e di riflessioni.

Il Governo Draghi, va detto senza equivoci, è un bene in questo momento storico ed è un bene stante la scarsa capacità del Governo Conte II di promuovere un’azione politica efficace e di creare valore per il Paese. È tutto da buttare l’operato di Conte e del suo Governo? No, ma ne parlerò più avanti.

Mi soffermo sull’avvento di Draghi per sintetizzare in alcuni punti quelli che credo siano i temi su cui concentrare maggiormente l’analisi. 

Se è vero che ogni azione di Governo – e non solo – può essere valutata oggettivamente solo a posteriori, è altresì vero che il Governo Draghi si presta ad essere pensato sin d’ora come un Governo che avrà tutto per fare meglio del predecessore e verosimilmente per fare bene in senso assoluto. Non è possibile avere certezze a priori ma è senz’altro possibile fare previsioni ottimistiche in questo senso, non foss’altro per il valore – enorme – di chi lo guiderà. 

Ma c’è una cosa che mi ha colpito – in negativo – in questi giorni di dibattito pubblico, ovvero la poca presenza di analisi critiche fondate sul merito dei temi a fronte di una parte del dibattito incentrata unicamente a sposare nomi sotto l’egida dei quali far rientrare, a priori ed in maniera assolutistica ed acritica, programmi, progetti, alleanze, meriti indiscutibili. Ed in più vedere le critiche mosse unicamente verso chi un’analisi critica la porta avanti stando nel merito delle cose: questo è lo scenario che mi preoccupa particolarmente.

Poniamo anche noi due nomi al centro della nostra analisi e proviamo a condividere qualche riflessione.

Renzi ed il grande merito (?) di avere salvato il Paese con la sua mossa. Ecco, parliamone.

La mossa di Renzi ha prodotto, come effetto, l’ormai prossimo Governo Draghi, e questo, come detto, sarà un bene per il Paese. Ma credo che la sua azione politica – di Renzi – vada vista da un po’ più lontano, cercando do coglierne contorni un po’ più ampi. Ha contribuito a far nascere il Governo Conte II (giustamente, aggiungo) per farlo cadere in un momento incredibilmente complicato per tutti, mostrandosi del tutto indifferente al concetto di lealtà. Ha posto condizioni politiche importanti (e se ha potuto essere l’ago della bilancia dal basso del suo 2,5% sia, questo, spunto di riflessione ed autocritica per il nostro Partito) che, se accettate, non avrebbero fatto cadere Conte e non ci sarebbe oggi nessun Governo Draghi. Ha posto il far ricorso al MES come una condizione irrinunciabile facendo diventare il tema una vera e propria discriminante. Oggi nel dibattito mi pare che il MES sia un po’ meno centrale: è la certezza di ottenerlo a prescindere o una minor centralità del tema rispetto solo a qualche settimana fa? Questo in termini di contingenza perché in termini più larghi lo sento, ad esempio, oggi parlare nelle vesti di difensore – strenuo – del proporzionale dopo essere stato sino a non troppo tempo fa alfiere del maggioritario. Evoluzione di un pensiero? Piroette di convenienza direi invece. Personalmente il mio giudizio su Renzi si è, dopo averlo sostenuto, definitivamente stabilizzato: è il capo politico di un partito che non è il mio, che non rimpiango, che credo sarebbe stato più utile – per lui e per il nostro partito – se fosse rimasto in posizione di minoranza all’interno del PD e che umanamente fatico a pensare come persona affidabile.

Certi atteggiamenti di quasi idolatria nei suoi confronti mi lasciano quindi molto perplesso ma per banale realismo inviterei al contempo alla calma chi, già oggi, inneggia al “mai più con Renzi”: laddove l’esito di una prossima elezione – che sarà ovviamente con il proporzionale – ponesse un’ipotetica alleanza che partisse da una parte del M5S e finisse nell’area (immagino per allora coalizzata) di IV, +Europa ed Azione passando per il PD nelle condizioni di poter essere maggioranza in Parlamento, cosa faremmo? Sceglieremmo di non governare in nome del “mai più con Renzi”?

E poi Conte, leader assoluto ed indiscusso dei Progressisti. Davvero?

Conte è stato un Primo Ministro che ha guidato il Paese in un momento storico difficile come probabilmente mai è successo dal secondo dopoguerra ad oggi e gliene va dato atto. Così come non gli si può non dare atto di averlo fatto mettendoci faccia ed impegno in ugual misura e di essersi posto con credibilità agli occhi dell’Europa. Ma non era da solo e, sinceramente, non mi sento reo di lesa maestà se dico che, pur nella difficoltà oggettiva del periodo storico, alcune situazioni non sono state governate al meglio. Parliamo dell’estate 2020? Parliamo della scuola?

Ecco, Conte – laddove continuerà sul lungo periodo il suo impegno politico – sarà giustamente un interlocutore politico importante per il nostro Partito, ma davvero possiamo pensare ad uno scenario politico incentrato su alleanze strutturali con il M5S e con Conte guida unica e capo indiscusso dei Progressisti senza un dibattito interno autorevole, senza un momento congressuale? Perché? Davvero la nostra comunità ha perso la voglia e la capacità di discutere e di confrontarsi nel e sul merito delle cose?

E anche qui un altro invito a scegliere con un attimo di cura, ponderandole, le parole (che hanno, tutte, un peso): se nel medio periodo il nostro Partito vedesse un riassetto interno e ci trovassimo con nuovi Dirigenti ed un nuovo Segretario, siamo certi già da oggi che la formula magica continuerebbe ad essere “Conte capo dei Progressisti”? Anche se il PD dovesse eleggere, chessò, Bonaccini Segretario si continuerebbe, indefessi, a reclamare a gran voce Conte leader unico dell’area progressista? Davvero?

Roberto Paltrinieri
Segretario del PD Molinella