L’11 aprile del 1954 è passato alla storia come il giorno più noioso di sempre. Secondo uno studio dell’università di Cambridge, infatti, a tentare (vanamente) di far vibrare gli animi dell’umanità vi furono solamente le elezioni politiche in Belgio. D’altronde, banale a dirsi, il calendario è fatto di giornate che si susseguono le une simili alle altre e di date che invece rimangono nella storia per la portata del cambiamento che hanno segnato. Il 25 maggio 2014, per Molinella, per l’Italia e per l’Europa, è una di queste, e l’anello che collega queste tre dimensioni è uno: il Partito Democratico.

Ma cosa emerge dal trionfo del PD alle elezioni europee, regionali e comunali? C’è chi sostiene che ne emerga l’ottusità degli italiani, abbagliati dalla manovra degli 80 euro in busta paga, considerata da questi “demagogia”. Questa lettura, oltre a ripetere gli errori di quella sinistra autoreferenziale che per anni ha smarrito se stessa e gli italiani – che accusava – nell’antiberlusconismo, compie il grave errore di non voler tenere conto del momento economico che stiamo attraversando. Lo stesso Maurizio Landini, segretario generale della FIOM (quella sinistra sindacale finora non troppo innamorata di Renzi), ha affermato che, da sindacalista, non è “mai riuscito a ottenere un aumento di 80 euro in una sola volta”.

Noi crediamo che ne emergano soprattutto una serie di bisogni e di volontà degli italiani. Ne emerge in primis la voglia di cambiamento e di superamento del modo di fare politica degli ultimi decenni, segnato da cambiamenti repentini, voltafaccia, scambi di favori partitici, insulti e slogan. Ne emerge il desiderio di volti nuovi, di idee nuove, di proposte concrete, di rimettere i programmi al centro del dibattito. Ne emerge la volontà di vedere finalmente la democrazia diventare quella cosa semplice e stupenda che è nella teoria: raccolta di domande dalla cittadinanza, formulazione di proposte, decisione di politiche e possibilità di alternanza.

È quello che il governo Renzi si è ripromesso di fare a livello nazionale e a livello europeo, ridimensionando Beppe Grillo e potendosi ora presentare in Europa con le spalle forti del 40% delle preferenze, con la consapevolezza di dover essere ascoltato dagli altri leader in un momento in cui l’antieuropeismo dilaga in tutto il continente.

È quello che lo stesso PD di Molinella si è ripromesso di fare, guidato, sin da ottobre, da una sola logica, assolutamente prioritaria nelle idee del candidato sindaco Dario Mantovani già da diversi anni: rinnovarsi profondamente al proprio interno, puntare sulle qualità professionali e personali dei candidati, preparare programmi politici che ascoltino le esigenze dei cittadini e siano, in primis, realizzabili. Lo ha fatto fino al punto di decidere di presentarsi da solo, rinunciando alla vecchia logica dell’accordo per garantirsi le poltrone, evitando gli attacchi frontali che fanno parte di quella vecchia politica che vuole superare, concentrandosi su proposte concrete e non sulle promesse irrealizzabili e irresponsabili (probabilmente non occorre tornare a parlare del cinema-teatro).

La vecchia politica ha fatto il proprio tempo ed è stata causa di tutti i disastri che la realtà ci ha sbattuto inesorabilmente sotto il naso. Le mosse dei nostri avversari politici sembrano ripercorrere le strade di quella stessa politica, quella che, per dirla con Luchino Visconti, desidera che tutto cambi affinché nulla cambi. C’è un modo di fare campagna elettorale che si concentra sugli accordi finalizzati al risultato, sulle frasi ad effetto (secondo le quali noi saremmo “i comunisti”), sulle invenzioni. Si è letto sulle pagine del Resto del Carlino che il PD di Molinella vorrebbe fondere il nostro comune con altri enti provinciali.

Noi siamo molinellesi e faremo di tutto affinché con la provincia e con la regione si ristabiliscano quei rapporti indispensabili perché Molinella esca dall’isolamento, nel totale rispetto dell’autonomia, della storia e dei simboli del nostro paese. Il resto sono chiacchiere da campagna elettorale che lasciamo volentieri agli altri.

Noi rappresentiamo il cambiamento. Non lo cavalchiamo, né abusiamo del significato di questo termine, purtroppo assai abusato.

I molinellesi se ne sono accorti e ci hanno premiato al primo turno con un risultato straordinario, mai ottenuto nel nostro paese da un partito espressione del centro-sinistra che decidesse di presentarsi da solo.

Il ballottaggio sarà allora un referendum: sposare l’idea del cambiamento e di un nuovo modo di intendere e di fare politica o tentare nuovamente strade già battute.

A giudicare dai risultati delle europee e delle amministrative l’impressione è che la data dell’8 giugno non minaccerà il primato dell’11 aprile 1954.

Marco Calcinai
PD Molinella