“La città metropolitana è la porta d’accesso al piano urbano regionale, un affiancamento alla Regione con poteri di programmazione e indirizzo”.
Non si poteva che usare una frase del (futuro) Sindaco metropolitano Virginio Merola per dare una prima definizione di un ente che, senza stare a farla lunga, si inserirà potentemente (senza il “pre”) nella vita amministrativa dei Comuni bolognesi e, di riflesso, su quella dei cittadini.
Ma è proprio questo riflesso ad essere uno degli aspetti centrali del nuovo ente metropolitano: questi, infatti, sarà un organo di secondo livello, ovvero non direttamente eletto dai cittadini, ma dagli amministratori (Consiglieri comunali e Sindaci) dei rispetti Comuni (59 nel territorio bolognese) interessati al processo/progresso metropolitano.
Il 28 settembre, parallelamente alle elezioni primarie per la scelta del candidato del centrosinistra alle prossime Regionali in Emili-Romagna, è il giorno in cui si muoveranno i primi passi per l’istituzione della Città metropolitana bolognese.
Anche Molinella, fisicamente all’interno del distretto “Terre di pianura”, ma politicamente fuori dallo stesso, sarà chiamata a partecipare nella scelta dei 18 Consiglieri metropolitani, e Dario Mantovani sarà inserito (di diritto) nella Conferenza metropolitana.
Ma facciamo un passo indietro.
E’ solo nel 2014 che si conclude un travagliato processo istitutivo delle Città metropolitane, enti territoriali inseriti in Costituzione sono nel 2000 (riforma del Titolo V), ma già previsti dalla legge 142/1990. Fino ad oggi il tema non è stato affrontato al meglio, e una lunga serie di tentativi (da Prodi a Letta) ha prodotto qualche piccolo passo, utile ad arrivare fino al traguardo tagliato con il “ddl Delrio”, che accompagna allo scioglimento de facto delle vecchie Province l’istituzione delle Città metropolitane. “E allora cosa cambia?” ci si chiede giustamente, dubbiosi che rientri dalla finestra quel che, con fatica, si è cacciato fuori dalla porta.
Cambiano le funzioni, in sostanza, poichè gli assetti geografici sono stati esclusi (giustamente) dal progetto di riforma. Tuttavia i cambiamenti ci saranno, a partire appunto dalla previsione di un ente di secondo livello, e quindi espresso da rappresentanti, non da cittadini elettori.
Il Consiglio metropolitano, infatti, esprimerà 18 Consiglieri, ciascuno scelto da una rosa di candidati espressi dalle forze politiche già presenti (il Pd ne esprimerà tra gli 11 e i 14, a seconda dell’andamento delle votazioni). Il Partito Democratico di Bologna ha stilato la sua lista di candidati, la quale è composta da Daniele Ruscigno, Irene Priolo, Marco Monesi, Isabella Conti, Lorenzo Minganti, Massimo Gnudi, Rossella Lama, Claudio Mazzanti, Mariaraffaella Ferri, Benedetto Zacchiroli, Raffaella Santi Casali, Pasquale Caviano, Stefano Sermenghi, Ilaria Beghelli, Elisabetta Palumberi e Albertina Ramponi. I restanti Consiglieri saranno espressi dalle minoranze (FI, M5S, ecc.) Il Consiglio metropolitano sarà presieduto dal Sindaco metropolitano, individuato, nell’ambito della prima e storica istituzione, nel Sindaco in carica del capoluogo di Provincia a cui afferisce il nuovo complesso metropolitano (Virginio Merola, appunto, per Bologna). Ultima ma non ultima la Conferenza metropolitana, incaricata di assistere alla stesura dello Statuto metropolitano, ma con funzioni di controllo e valutazione dell’operato dei Consiglieri.
L’elezione dei Consiglieri avverrà tramite ponderazione del voto. Per esempio, il 50% dei voti verranno espressi da Bologna, Casalecchio, Imola e San Lazzaro; Molinella esprimerà l’1,75% dei voti complessivi. Ad ogni modo, per garantire la rappresentanza in Consiglio a tutti gli ambiti componenti la (vecchia) Provincia, si è provveduto a far sì che ciascun territorio abbia possibilità di eleggere un proprio rappresentante: in questo modo, i singoli territori avranno possibilità di tastare costantemente il polso delle decisioni che, in Consiglio, vengono portate avanti.
Quindi saranno Sindaci e Consiglieri comunali a definire le politiche della Città metropolitana, ed è preoccupazione dello stesso Merola che non vi siano “moloch burocratici calati dall’alto” ma, anzi, la speranza è che questo nuovo soggetto possa eliminare gli intermediari, ed avvicinare i territori al centro di aggregazione delle risorse (leggi: Regione).
Bologna capofila, ma non solo Bologna: anche Bari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Torino, Reggio Calabria, Roma e Venezia saranno coinvolte nel lungo processo di riassetto delle istituzioni territoriali; e se può sembrare che nel bolognese sarà difficile far convivere interessi (a volte) contrastanti, basta pensare alla (futura) Città metropolitana di Torino: 315 i Comuni interessati.
Per Piero Fassino (Sindaco di Torino), la Città metropolitana è un’occasione per migliorare l’assetto amministrativo italiano, ma bisogna che davvero si “dia più dignità ai Comuni, chiarendo quali competenze trasferire e quali mantenere. Le Città metropolitane sono un tentativo di adeguarsi alla realtà, si cambia il rapporto con gli investitori, e per questo devono essere istituzioni forti”. Il succo: abbandonare sterili rivendicazioni, accettare un nuovo canale di gestione delle competenze (urbanistica, servizi pubblici, mobilità, viabilità) e lavorare per avvicinare i territori al centro, non viceversa. Merola la definisce “globalizzazione locale”, la vede come una “proiezione oltre alla realtà locale”; è proprio il Sindaco metropolitano bolognese a sostenere la necessità di continuare nel percorso, senza nascondere criticità di cui sarà necessario discutere (rapporto con le regioni e risorse). Marco Doria (Sindaco di Genova) definisce la Città metropolitana “occasione di svoltare: non solo occasione, non solo svolta”.
Che sia occasione o svolta, che sia entrambe, Molinella ci sarà, finalmente inserita in un processo che farà la storia della nostra regione ma, soprattutto, del nostro Comune.
Lorenzo Gualandi