Chi ha un po’ di capelli bianchi sulle tempie si ricorderà certamente la miriade di formazioni extraparlamentari che costellavano il mondo alla sinistra del PCI fin dagli anni 60’, con tutto quello che da queste formazioni ha poi avuto seguito.

L’identikit è sempre lo stesso: formazioni molto identitarie, sempre a ruota della stagione dell’esponente politico di turno, che dall’alto del proprio strapuntino (che molte volte non vale più del 2%), vogliono insegnare al resto del creato come si fa a stare al mondo.

Benedetta democrazia. E’ chiaro che il governo della cosa pubblica non può essere influenzato esclusivamente da fenomeni quantitativi e di consenso. Però non può esserne neanche totalmente svincolato.

C’è sempre stato un fenomeno legato al “purismo” di turno, che ammonisce e appella come destrorso tutto quello che non sta dentro il recinto della sinistra “vera” e “integerrima”: tutte caratteristiche che invece i puristi, almeno a parole, rappresentano in maniera specchiata e incontestabile.

Però, perché alla fine c’è sempre un però, tutti queste formazioni (sempre abbozzate e mai definite) dopo aver fatto appello allo scoramento generale ed essersi gonfiati il petto con una serie di parole d’ordine tutte scritte con la maiuscola (“la Verità! L’Onestà! Il Lavoro!”), finiscono per misurarsi con la tanta amata democrazia e rimangono proverbialmente molto deluse.

Sì, perché quella massa di riservisti della sinistra, che a parere loro non vanno a votare schifati dall’attuale offerta politica, dovrebbe in teoria accorrere alle urne per dare fiato alle trombe dell’estemporanea formazione della sinistra radicale di turno.

Non succede mai.

Perché sì, è vero, non bisogna sottovalutare lo scoramento degli elettori verso una classe politica talvolta inadeguata: ma queste proposte settarie che fisiologicamente e periodicamente nascono a sinistra del PD, sono un plastico esempio di quello che non funziona, e non come pochi vorrebbero pretendere, del contrario. Finiscono per essere votate da poche persone e per rappresentarne ancor meno.

Ultimo esempio? I referendum contro le riforme del Governo Renzi: nelle pretese dovevano misurare la grande “impopolarità” del governo. In realtà le formazioni promotrici non sono riuscite a raccogliere neanche il numero di firme per arrivarci, ai Referendum.

Autoconsegnandosi all’irrilevanza.

E allora: a cosa serve avere le varie Sinistra e Libertà, Possibile, Rifondazioni Comuniste e Comunisti Italiani, Partiti Comunisti dei Lavoratori fino ad arrivare a piccoli cespugli di nostalgia leninista se non trockzkista? A cosa serve mettere insieme le varie sinistre arcobaleno e altre cose varie ed eventuali?

A raccogliere complessivamente quel 5% dei voti. Che legittimamente c’è sempre stato e sempre ci sarà, per carità. Ma almeno queste formazioni che si accontentassero degli strapuntini (che sottobanco sono bravissime a trattare), e la smettessero di fare la predica all’universo mondo, quando non riescono neanche a mettersi d’accordo tra di loro.

Tanti piccoli Ernesto, di Wildiana memoria. Tutti irrilevanti.

Stefano Mantovani
Segreteria PD Molinella