di Roberto Paltrinieri

Pensare al 2 Giugno unicamente come all’anniversario della nascita della Repubblica rischia di indurci una visione parziale e deresponsabilizzante di ciò che accadde nel 1946 con la sconfitta al referendum della monarchia.

Perché nel 1946 l’esito del referendum portò con sé un impegno che come popolo italiano abbiamo contratto con noi stessi e che ci ha vincolato ad un percorso dal quale non avremmo potuto, e dovuto, esimerci mai.

E invece.

Il 2 Giugno non acquisimmo infatti solamente i diritti tipicamente caratterizzanti la forma repubblicana dello Stato. Decidemmo, prima di tutto, di farci carico di doveri nuovi, fondamentali.

In primis il dovere di partecipare, di contribuire, facendoci rappresentare, alla gestione della cosa pubblica assumendo, contestualmente, l’impegno ad acquisire consapevolezza, ad acculturarci, ad esserci, a considerare ciò che è pubblico di primaria importanza.

Non solo. Il 2 Giugno del 1946 si votò, per la prima volta, a suffragio universale. Altra tappa fondamentale per un popolo che scelse di intraprendere la strada per evolvere in maniera tangibile sul piano della coscienza civile. Perché capimmo che non potevano e non dovevano esserci limiti per nessuno sul piano dei doveri, dei diritti e delle pari opportunità.

Credo però, guardandomi attorno oggi, che ci sia stato, per molti, un equivoco interpretativo circa la nascita della Repubblica.

Non fu, non poteva e non può essere, quella del 1946,  una scelta statica. Fu invece, per sua stessa natura, una scelta dinamica, in grado di produrre i suoi effetti unicamente a fronte della capacità di ognuno di noi, come individui e, soprattutto, come comunità, di mantenere vivo l’impegno assunto di adempiere ai nostri, tanti, nuovi doveri di cittadini di un’Italia repubblicana.

Invece nei decenni ha prevalso, in un crescendo esponenziale, la visione univoca dei diritti quale unico nostro riferimento, relegando l’adempimento dei nostri doveri a scelta opzionale al punto da elevare l’unico diritto che non abbiamo (mai) a diritto basilare: quello all’ignoranza.

Ignoranza elevata quasi a titolo meritorio al punto da renderci incapaci di capire che senza partecipazione consapevole la Res Publica rimane tale solo sulla carta, ed avviata, inevitabilmente, al declino.