Non è un mistero che in tanti avremmo voluto vedere un PD andare a Congresso con tempi più rapidi e con una classe dirigente dimissionaria nei fatti e non a parole, ma tant’è: il percorso è stato approvato e quindi, pur non piacendomi, credo che adesso debba esserci spazio unicamente per le idee.

La mia idea di PD parte da un interrogativo che ritorna, nel dibattito pubblico, con una certa frequenza: chi rappresentare?

Il mio ragionamento parte da qui per un motivo molto semplice: perché credo sia un interrogativo sbagliato e che la strada lungo la quale dare corpo alle nostre riflessioni debba avere altre coordinate.

Porsi il quesito del chi rappresentare trovo infatti che sia un approccio di per sé limitante e, stante i rimandi storici che evoca, anche piuttosto anacronistico. Rimettersi nelle condizioni di aver bisogno di classificare le persone al fine di individuarne una categoria ben definita della quale ergersi poi a paladini significa, a mio avviso, non aver capito (voluto capire?) che siamo nel 2022 e non più negli anni 70 quando si poteva parlare di rappresentatività di determinate classi sociali semplicemente perché le classi sociali esistevano. Chi era operaio non lo era solo dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 5: lo era anche prima e dopo, a fabbrica chiusa. Perché il processo di identificazione personale con il proprio lavoro era un processo normale, pressoché ineludibile per tantissimi: si era quello che si faceva e le classi sociali erano insiemi di per sé molto omogenei.

Oggi, nella stragrande maggioranza dei casi non è più così fortunatamente: il lavoro che svolgiamo rappresenta, per l’appunto, la nostra occupazione ma siamo stati capaci, nei decenni, di affrancarci da questo processo trovando in tutti gli altri aspetti della nostra vita – famiglia, attività extra lavorative, passioni, volontariato – le coordinate atte a definirci ed identificarci al punto che pensare, oggi, ad un gruppo di persone il cui elemento in comune sia la loro occupazione significa pensare sì ad un insieme, ma estremamente eterogeno.

Esiste invece un elemento, una condizione – decisamente trasversale – che accomuna in maniera profonda una grande platea di persone: la fragilità. Ed è ad essa che il PD deve guardare. Anzi deve saper guardare e non è la stessa cosa.

Perché per identificare le fragilità occorre in primis saper individuare i fragili e per farlo la cosa più importante (e necessaria) è abbondonare ogni velleità ideologica nel percorso di studio, di analisi, di ascolto. Perché fragile può essere chiunque a seconda del momento storico o del territorio: lavoratori dipendenti, pensionati, imprenditori, disoccupati, studenti, artigiani, commercianti, liberi professionisti. Tutti indistintamente possono diventare fragili.

Ma se il nostro focus devono essere le fragilità ed essendo queste un fenomeno così trasversale, come e cosa fare per individuarle e farne oggetto della nostra attività politica? Dobbiamo, anziché scegliere chi rappresentare, farci carico della complessità del reale, acquisire piena consapevolezza circa l’estensione e lo spessore che ha raggiunto l’interazione tra tutte le componenti della società (tutte: lavoratori dipendenti o autonomi che siano, imprenditori, pensionati, studenti, istituzioni, associazioni,…) prendendo atto, da questo puto di vista, di una realtà complessa in maniera inimmaginabile solo qualche decennio fa. 

Dobbiamo, di volta in volta, saper individuare le cause delle insorte fragilità, capirle risalendo la corrente secondo la logica di causa ed effetto e trovare punti di equilibrio e risposte.

Ignorare ciò pensando che la società oggi sia a due dimensioni cercando quindi di individuare in essa quale o quali siano le categorie di persone da rappresentare tracciando attorno ad esse una linea similmente a quanto potremmo fare su di un foglio da disegno significa anteporre, ancora una volta, un processo meramente identitario ad un percorso incentrato invece sul merito della nostra attività.

Significa individuare la strada più facile, più comoda, più veloce da percorrere. Ma di certo non quella giusta.           

Roberto Paltrinieri
Segretario del PD Molinella